2 Maggio 2024

Voci dall’Africa:
Padre Attilio Mombelli,
Responsabile Missione Ihosy

Per la rubrica “Voci dall’Africa”, dal Magadascar ecco la testimonianza di Padre Attilio Mombelli, responsabile della missione di Ihosy.

“Dovremmo essere noi missionari, con la nostra gente, con i nostri bambini così spaventati quando li avete presi in braccio la prima volta… Dovremmo essere noi a raccontare tutte quelle cose straordinarie che voi di AMOA avete fatto qui, e di certo in tutte le nazioni dell’Africa dove lavorate e servite. Carissimi amici di AMOA, nella vostra ‘vocazione di oculisti’ avete visto l’Africa, vi siete innamorati e avete scelto questo continente: non per le tante meraviglie che vi si trovano ma per la sua gente, e avete trovato in queste persone, spesso terribilmente povere, una meraviglia da salvare”.

“Vi ho conosciuto attraverso un amico, il dottor Lino De Marinis, che da anni ci frequenta e che usa le sue capacità (i suoi occhi e il suo cuore) per curare, innanzitutto, ma anche per conoscere e far conoscere il Madagascar e la sua gente. È iniziato così il nostro commino insieme. Per me non è stata un’esperienza di collaborazione tecnica di lavoro, anche perché sono del tutto incompetente in questo campo, ma abbiamo avuto modo di condividere cose molto belle, profonde, essenziali. La prima cosa e la più grande che ho colto in voi tutti, non è la vostra competenza, ma l’amore. Il vostro modo di guardare, toccare, accarezzare qualunque persona che vi veniva presentata: era innanzitutto un gesto pieno d’amore, commovente; poi subito parlavate di come e cosa fare, di come intervenire, etc. Era però la persona sofferente che avevate davanti che contava. Un altro pregio che avete tutti è quello di ‘vivere fuori dal tempo’. Bisognava sempre incominciare presto con una lunga lista di interventi e andare avanti senza fermarsi, senza chiedere niente, neppure un caffè; avanti, bisognava finire…”.

“Lasciate che ve lo dica: più di una persona dopo l’intervento si è avvicinata e mi ha detto: ‘I Vahaza (i bianchi) sono veramente bravi, ci vogliono più bene che i nostri medici malgasci’. Per alcuni, forse, era un complimento, ma per molti altri era veramente un ringraziamento sincero. E sono contento di potervelo offrire, perché viene da loro, dal loro cuore. I malgasci quando vogliono ringraziare usano offrire qualche cosa, magari molto semplice, magari molto piccola. E dicono: ‘È come un piccolo barattolo di miele, non è pieno ma lo riempiamo con il nostro cuore, con il nostro amore’. Vi prego, ricevetelo con gioia, è per ciascuno di voi, per le vostre famiglie, che magari non sono mai venute a vedere quello che avete fatto. Grazie AMOA, grazie anche per avermi insegnato ad essere un po’ più missionario”.

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