4 Maggio 2024

“Puoi anche tu”, le storie
dei nostri volontari:
Daniela Smania – Manager

Quinta puntata di “Puoi anche tu”: la testimonianza diretta, il racconto di soci, amici, volontari protagonisti in questi anni dell’attività dell’Associazione. E’ la volta di DANIELA SMANIA, MANAGER

Uno dei miei primi ricordi in Camerun riguarda l’arrivo a Duala… Ero stata allertata che spesso persone locali, con finte divise si impossessavano delle valigie degli occidentali in arrivo per poi restituirle in cambio di un riscatto. Arrivai all’aeroporto in piena notte tra stanchezza, rumore, disordine. Ad un certo punto riconobbi la mia valigia in arrivo sul rullo trasportatore, mi precipitai per recuperarla ma un ragazzo locale fu più veloce di me. Arrabbiata gli puntai il dito al volto cercando (chissà in quale lingua) di fargli capire che non ci doveva neanche provare, la mia valigia era per me essenziale, avevo tanti occhiali, lenti, e utensili per il laboratorio di ottica dove avrei dovuto lavorare… Al mio nervosismo ed alle mie urla, ebbi in cambio un sorriso bianchissimo, una mano tesa, e un… “je suis Magallan, l’opticien de Dshang”.

Un signore, un giorno, si presentò al Centro Oftalmico di Dshang con un occhiale che non stava più insieme, era rotto ovunque, ma mi chiese ugualmente di aggiustarlo. Smontai le lenti, ancora integre, e le passai su una montatura nuova che gli donai. Ringraziando se ne andò, ma nel pomeriggio venne a portarmi un sacchetto di frutta; gli dissi che non importava, che la montatura era un dono fatto col cuore… Lui mi disse che era frutta che stava portando alla comunità di Sant’Egidio per aiutare persone che non avevano di cui cibarsi, e con un sorriso rassicurante disse…  “nessun uomo al mondo è talmente povero da non poter donare anche solo qualche chicco di riso ad un altro, donare è un’azione che rende fratelli e crea comunità”.

La prima mattina che entrai all’ospedale Saint Vincent de Paul per andare nel laboratorio di ottica, era poco più dell’alba, il responsabile dell’ospedale mi invitò sotto una capannina esterna insieme a tutto il personale, medici, infermieri…

Mi presentarono come ottica di AMOA che arrivava dall’Italia per lavorare nel laboratorio: uno ad uno mi abbracciarono baciandomi sulle guance; pregammo tutti insieme, cantando, battendo le mani… Seguì l’aggiornamento sullo stato di salute dei malati di tutti i reparti. Quindi ognuno raggiunse la sua postazione di lavoro. Fu uno straordinario esempio di squadra, di gruppo e di unione. Questo episodio lo racconto sempre in azienda come un grande esempio ed insegnamento ricevuto. Solo condividendo, lavorando insieme con energia e fiducia si possono raggiungere gli obiettivi. 

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