È un sabato d’autunno, grigio e piovoso, e come ogni mese siamo all’ambulatorio allestito nella Chiesa della Misericordia di Bologna, vicino a Porta Castiglione. Qui, a turno, noi volontari di AMOA – Associazione Medici Oculisti per l’Africa, visitiamo da anni persone senza fissa dimora, ospiti di strutture di accoglienza, italiani e stranieri che vivono in condizioni di estrema fragilità.
Questa volta tocca a me, Sergio Tabacchi, fare le visite oculistiche. Con me ci sono Silvia, la nostra segretaria precisa e instancabile, Andrea, ottico esperto e prezioso, e due giovani volontarie: Margherita, futura ortottista, e Jennifer, neolaureata in medicina, alla sua prima esperienza sul campo.
Come sempre, i pazienti sono tanti. Donne e uomini che si portano addosso storie di abbandono, di povertà, di esistenze rotte.
C’è una donna che vive per strada da anni. Ha con sé tutto il suo mondo, chiuso dentro un grande sacco nero di plastica, per proteggerlo dalla pioggia. Ha perso gli occhiali.
C’è un vecchio sassofonista americano, venuto in Italia per amore. Ora è malato, quasi cieco, e non aspetta altro che il suo tempo finisca. Possiamo fare poco, ormai.
Poi, due volti ci colpiscono nel profondo: sono due donne palestinesi, scappate dalla guerra. Parlano attraverso un interprete.
La prima è arrivata in Italia con due figlie ferite durante un bombardamento a Gaza. Le altre due, le più piccole, di 4 e 6 anni, sono morte.
È una donna devastata, ma porta con sé un dolore silenzioso, dignitoso, che pesa più di qualsiasi parola. È stata ferita dalle schegge di vetro dell’esplosione, ma fortunatamente non ha riportato danni alla vista.
L’altra donna è arrivata con due dei suoi sei figli. Gli altri quattro sono rimasti in Palestina, con il marito. Anche lei è fuggita a piedi sotto i bombardamenti, fino a Rafah, da dove ha raggiunto l’Italia passando per l’Egitto. Un viaggio durissimo, che le è costato – ci raccontano – circa 10.000 euro a persona.
Ha perso i suoi occhiali durante i primi attacchi. È miope, circa -12 diottrie. Da un anno vive senza occhiali. Chi ha una miopia così elevata senza correzione visiva sa che è come camminare nel buio.
Le faremo gli occhiali: la prossima settimana potrà finalmente rivedere il mondo.
In poche ore abbiamo ascoltato storie che difficilmente dimenticheremo.
Storie di solitudine, di perdita, di resistenza.
E pensiamo che, nel mondo, ce ne sono milioni come queste. I 56 conflitti attualmente in corso non faranno che moltiplicarle.
Spesso anche noi, qui, ci sentiamo impotenti, presi da problemi che sembrano insormontabili. Ma giornate come questa ci ricordano quanto sia importante fermarsi, ascoltare, guardare davvero. Anche quando fa male.
E così, in questa grigia mattina d’autunno, me ne torno a casa. Un po’ più stanco, un po’ più consapevole. E con la paura che anche queste storie, piano piano, possano scivolare via dalla memoria.
Ma oggi, almeno per un momento, le abbiamo viste. E loro hanno rivisto noi.